“BIANCO E' PUREZZA” ? di Enrico Montermini
Leggo sul sito imolaoggi.it che la Nivea ha ritirato la nuova pubblicità del suo famoso deodorante dopo essere stata accusata di razzismo. “Bianco è purezza” recitava il payoff della réclame. Dove sta lo scandalo? La Nivea ha evocato l'ideale di purezza per sollecitare il bisogno di pulizia. Il punto è che nella civiltà occidentale si è sempre associato il colore bianco al candore: bianco sono l'abito della sposa e la tunica dei bamb...ini che prendono i sacramenti, le “voci bianche” sono i cori dei bimbi, e ci sarebbe molto da dire anche nel campo della poesia o delle arti visive.
Con il pay-off “il bianco è purezza” la Nivea ha tratto dall'inconscio collettivo un elemento simbolico e se ne è servita per vendere un prodotto. Se qualcuno avesse denunciato questa pratica, come l'americano Packard nel libro “I persuasori occulti”, non avrei avuto nulla da obbiettare. L'accusa, però, è politica e riguarda il contenuto di uno specifico messaggio. Mi sembra che un potere mostruoso e strisciante abbia sfoderato gli artigli temendo che la sua tana fosse minacciata. Un potere che, evidentemente, conosce e usa i meccanismi della psicologia e le moderne tecniche di comunicazione e se ne serve per motivazioni politiche.
Già Orwell in “1984” aveva individuato nel linguaggio l'elemento chiave per modificare il modo di pensare delle masse. Nella “Neolingua” una parola poteva identificare un concetto e anche il suo opposto, a seconda del contesto e delle circostanze. Grazie a questo strumento Orwell immaginava che si potesse educare un'intera società al “bi-pensiero” e cioè a credere ciecamente alla propaganda malgrado la constatazione della sua palese contraddittorietà, che dovrebbe suggerire quantomeno il dubbio. La menzogna, infatti, era al centro del sistema di potere immaginato nel romanzo orwelliano.
Ritornando all'attualità del caso Nivea e ricordando altri casi simili, possiamo additare nel “politically correct” la vera “neolingua”. Essa viene usata per esercitare una pressione psicologica continua, potente e subdola sul nostro modo di pensare. Confondendo astutamente l'idea di differenza con quella di discriminazione, il linguaggio della propaganda vuole vietare lo spirito critico e negare l'aspirazione alla realizzazione dell'individuo. Si vuole impedire all'essere umano di avere consapevolezza di sé: di farsi un'idea di ciò che piace o non piace, di ciò che è giusto o sbagliato, di ciò che è bello o brutto. Si vuole inoltre spezzare ogni legame duraturo tra gli individui della società svilendo o deprecando ogni senso di appartenenza.
Va da sé che una massa di individui amorfi è facilmente condizionabile dalle mode promosse dalle multinazionali. Una massa indifferenziata e atomizzata è anche più docile di fronte alle quotidiane e quasi impercettibili svolte autoritarie promosse dalla politica.
Leggo sul sito imolaoggi.it che la Nivea ha ritirato la nuova pubblicità del suo famoso deodorante dopo essere stata accusata di razzismo. “Bianco è purezza” recitava il payoff della réclame. Dove sta lo scandalo? La Nivea ha evocato l'ideale di purezza per sollecitare il bisogno di pulizia. Il punto è che nella civiltà occidentale si è sempre associato il colore bianco al candore: bianco sono l'abito della sposa e la tunica dei bamb...ini che prendono i sacramenti, le “voci bianche” sono i cori dei bimbi, e ci sarebbe molto da dire anche nel campo della poesia o delle arti visive.
Con il pay-off “il bianco è purezza” la Nivea ha tratto dall'inconscio collettivo un elemento simbolico e se ne è servita per vendere un prodotto. Se qualcuno avesse denunciato questa pratica, come l'americano Packard nel libro “I persuasori occulti”, non avrei avuto nulla da obbiettare. L'accusa, però, è politica e riguarda il contenuto di uno specifico messaggio. Mi sembra che un potere mostruoso e strisciante abbia sfoderato gli artigli temendo che la sua tana fosse minacciata. Un potere che, evidentemente, conosce e usa i meccanismi della psicologia e le moderne tecniche di comunicazione e se ne serve per motivazioni politiche.
Già Orwell in “1984” aveva individuato nel linguaggio l'elemento chiave per modificare il modo di pensare delle masse. Nella “Neolingua” una parola poteva identificare un concetto e anche il suo opposto, a seconda del contesto e delle circostanze. Grazie a questo strumento Orwell immaginava che si potesse educare un'intera società al “bi-pensiero” e cioè a credere ciecamente alla propaganda malgrado la constatazione della sua palese contraddittorietà, che dovrebbe suggerire quantomeno il dubbio. La menzogna, infatti, era al centro del sistema di potere immaginato nel romanzo orwelliano.
Ritornando all'attualità del caso Nivea e ricordando altri casi simili, possiamo additare nel “politically correct” la vera “neolingua”. Essa viene usata per esercitare una pressione psicologica continua, potente e subdola sul nostro modo di pensare. Confondendo astutamente l'idea di differenza con quella di discriminazione, il linguaggio della propaganda vuole vietare lo spirito critico e negare l'aspirazione alla realizzazione dell'individuo. Si vuole impedire all'essere umano di avere consapevolezza di sé: di farsi un'idea di ciò che piace o non piace, di ciò che è giusto o sbagliato, di ciò che è bello o brutto. Si vuole inoltre spezzare ogni legame duraturo tra gli individui della società svilendo o deprecando ogni senso di appartenenza.
Va da sé che una massa di individui amorfi è facilmente condizionabile dalle mode promosse dalle multinazionali. Una massa indifferenziata e atomizzata è anche più docile di fronte alle quotidiane e quasi impercettibili svolte autoritarie promosse dalla politica.
Enrico Montermini 8/04/2017
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