ETICHETTE POLITICHE di Enrico Montermini
A commento delle mie ricerche storiche e dei miei articoli di attualità trovo spesso degli esagitati che mi insultano e mi affibbiano etichette che non comprendo. Per costoro ho trovato una bella definizione di Andre G. Frank:
<< Ciascuno utilizza le sue categorie per definire gli altri. Forse tali classificazioni servono molto di più per definire la persona (classificatore) che le usa per classificare gli altri che le persone a cui questi termini vengono attribuiti (classificati). Riflettono molto meglio i pensieri e le idee di chi li utilizza per classificare >>. [1]
Mi considero una personalità troppo sfaccettata per riconoscermi in una qualunque definizione. Perciò non ho voglia di lanciare proclami identitari e di additare un colore politico come avversario. Preferisco invece confrontarmi con i miei critici su quanto scrivo; e se mi dimostrano che sbaglio, sono pronto a rivedere le mie idee. Però raramente ricevo queste soddisfazioni. È sconcertante constatare quante persone siano incapaci di pensare autonomamente e di argomentare le proprie opinioni!
In parte questo è il retaggio dell’opera di Cesare e di Pietro, ai quali gli italiani da duemila anni hanno delegato le più importanti scelte etiche e politiche. Una lunga tradizione di servitù ha reso gli italiani nemici del pensiero critico e allergici alle responsabilità della politica. Sull’argomento Ernesto Rossi ha scritto pagine memorabili. [2]
Purtroppo l’Italia non ha conosciuto la riforma protestante, che ha messo l’Uomo da solo al cospetto di Dio, costringendolo ad esaminare la propria condotta senza ricorrere a intermediari. La Riforma fu una grande scuola di libertà per i popoli anglosassoni. In Italia si è invece imposto il principio di Autorità: quello del Santo Padre benedicente da una finestra del Vaticano, di un Duce che grida dal balcone di Palazzo Venezia, di un Berlusconi che entra in casa nostra attraverso la televisione e ci parla come se fosse seduto a tavola con noi.
Dal principio di Autorità derivano il più grigio conformismo intellettuale e l’irresponsabilità più assoluta. [3] Non è un caso che la politica in Italia sia piena di esempi di figure carismatiche: Mazzini, Garibaldi, d’Annunzio, Mussolini, Togliatti, De Gasperi, Moro, Berlinguer e Craxi… In epoca più recente: Berlusconi, Prodi, Bossi, Salvini, Grillo e Renzi… Avanti il prossimo! La storia del nostro Paese andrebbe fatta attraverso le biografie degli uomini politici più rappresentativi piuttosto che attraverso la storia delle idee politiche, di cui gli italiani non hanno mai capito nulla.
L’italiano medio vuole un padrone che pensi per lui. Se lo trova, gli obbedisce – magari brontolando, ma gli obbedisce. Così egli può dedicarsi ai suoi affari privati. Purtroppo la scelta di un leader non è la soluzione di tutti i problemi, ma è semmai il Problema. Ne abbiamo la riprova nel fatto che da 150 anni l’Italia si dibatte negli stessi guai, che nessun politico riuscirà mai a risolvere se non viene costretto dalla pressione popolare. Mi riferisco all’ingerenza di poteri autoreferenziali e illiberali come la Chiesa e la Massoneria sulla vita democratica di questo Paese, agli scandali bancari, alla corruzione della politica, alla mafia, alla manipolazione dei mezzi di informazione. Come si vede il problema non è il nocchiero, ma la nave che fa acqua da tutte le parti. Ecco perché bisognerebbe discutere di idee, non di leader e di partiti come se fossimo ultras allo stadio. Però pensare costa fatica: il leader carismatico è molto più comodo. Se poi le cose vanno a rotoli, il leader si può sempre usare come capro espiatorio. Mi vengono in mente Mussolini appeso a testa in giù a piazzale Loreto, Togliatti e Moro vittime di attentati, Craxi in esilio in Tunisia… Ma in fin dei conti cosa è cambiato? Morto un papa, se ne fa un altro: questa è l’amara verità di una razza di servi come la nostra! Sono realtà scomode, ma dobbiamo pure cominciare ad ammetterle se vogliamo far tesoro degli errori passati.
La verità, cari lettori, è che se voi non vi occupate della politica, la politica presto o tardi si occuperà di voi. Il potere non vi lascerà mai tranquilli a godere dei frutti del vostro lavoro e a dedicarvi a vostri interessi, ma vi spoglierà piano piano delle vostre libertà e dei vostri beni materiali. Si capisce quindi che quelli come me non sono graditi agli uomini di potere, che creano e diffondono parole d'ordine per aizzare contro di noi la moltitudine dei servi. Etichette come fascismo, razzismo o populismo sono scorciatoie del pensiero frutto di pigrizia intellettuale, sono  idee pensate da altri, semplificazioni della realtà a uso e consumo dei padroni che comandano questa società.
Vi racconterò ora un aneddoto personale. Mio padre aveva un merlo indiano di nome Baggio e un pastore tedesco di nome Black. Il merlo aveva imparato a imitare alla perfezione il fischio che mio padre usava come richiamo per il cane. Quando Baggio ripeteva quel fischio particolare, il cane arrivava di corsa con la lingua fuori dai denti e iniziava a ispezionare il giardino cercando il padrone, di cui non c’era traccia. Dopo qualche secondo di smarrimento iniziavano i sospetti: Black si avvicinava alla gabbia guardando in cagnesco Baggio, che stava zitto fingendo indifferenza. Avendo realizzato che quell’essere diabolico si faceva beffe di lui, il pastore tedesco ringhiava e abbaiava furibondo. Al sicuro dentro la sua voliera e per nulla spaventato, Baggio tentava di zittire le proteste del cane gridando in tono deciso: “Black! No! No!” Il cane, naturalmente, si incazzava ancora di più: quale affronto! Quell’essere infernale che svolazzava nella gabbia non era il suo padrone, ma un volgare impostore che ne imitava la voce! Tuttavia devo ammettere che vi erano occasioni in cui il gioco riusciva alla perfezione. Questo accadeva perché il merlo aveva scoperto il punto debole del cane. Così ogni qual volta un gatto penetrava in giardino e si avvicinava di soppiatto alla gabbia con intenzioni poco raccomandabili, Baggio richiamava il cane col solito fischio. Poi le cose prendevano la piega che potete facilmente immaginare.




Osservando Black che inseguiva il gatto correndo a perdifiato, non potevo fare a meno di ridere pensando che in quel momento il merlo era diventato il padrone del cane. Ora, cari lettori, ditemi: avete capito la metafora? Se non l’avete capita, siete liberi di attribuirmi l’etichetta che preferite…


Enrico Montermini, 19/09/2017


[1] Andre G. Frank, Annamaria Vitale [a cura di], Per una storia orizzontale della globalizzazione. Sette lezioni di Andre Gunder Frank, Rubettino, p. 152. Si noti che Frank è stato un membro autorevole del movimento rivoluzionario marxista MIR (Movimento de Izquierda Revolucionaria), perciò le sue parole dovrebbero far riflettere ancor di più i “compagni” che leggono queste righe.
[2] Si veda in particolare due libri di Rossi: Il manganello e l’aspersorio, Kaos edizioni, e I padroni del vapore, anch'esso edito da Kaos. L’autore citato, lo ricordo ai distratti, era antifascista: ciò dimostra che la libertà di pensiero non è patrimonio di un colore politico, ma di pochi eletti che sanno ragionare con la propria testa.
[3] Sul tema consiglio la lettura di Giuliano Tamagnini, Luci della Filosofia, Giuffré.

Commenti

  1. La musica la fanno i musicisti, non il direttore d'orchestra.
    Invece, in Italia, ci facciamo "suonare" dai vari direttori d'orchestra di turno.
    Anche se siamo in una Repubblica, ci comportiamo più da sudditi che da cittadini. È per questo che, nel nostro Paese, non c'è stata mai una vera rivoluzione, soprattutto culturale, come invece è avvenuto in altre realtà europee (Germania, Francia, Paesi Bassi e, per certi versi, anche la cattolica Spagna). Qui prevale sempre la cultura del "perdono" sempre, anche quando chi sbaglia produce effetti negativi sulla generalità delle persone, con l'effetto paradossale di accettare tutto e il contrario di tutto. Come diceva Gino Bartali "l'è tutto sbagliato, l'è tutto da rifare".

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  2. Lei ha ragione. A mio avviso urge un cambiamento culturale prima ancora che politico, altrimenti papi, re, dittatori e governi democratici o tecnici continueranno a succedersi gli uni agli altri senza che nulla cambi veramente.

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